I ristoranti piu’ famosi e superstellati non sono business di successo,
grande e’ il prestigio ma spesso i costi di gestione sono coperti a malapena
dai conti esorbitanti che i clienti son disposti a spendere. Qui a Melbourne da
Attica un menu’ degustazione senza abbinamento dei vini costa 250$ ma non credo
che alla fine guadagni molto di piu’ di un ristorante meno stellato ma ben
frequentato. In un lavoro faticoso e stressante abbiamo aggiunto altra fatica e
stress, abbiamo sostituito mestoli e cucchiai a pinzette, cerchiamo
l’eccellenza nei prodotti (rigorosamente esotici e costosi) poi li cuociamo
sottovuoto nella plastica o con l’azoto liquido (e non venitemi a dire che sono
tecniche salutari o sicure), creiamo per i clienti non solo buon cibo ma esperienze
che soddisfano tutti i 5 sensi (con una predilizione morbosa per l’ apparenza).
L’altro giorno mi sono sorpresa a voler preparare i gnocchi di castagna con le
righe perfettamente uguali perpendicolari e mi son chiesta... ma dove’ il senso
di un prodotto artigianale, fatto a mano che appare perfetto come fatto a
macchina, che senso ha accontentare clienti schizzofrenici e fobici (le
allergie sono si un male del nostro tempo ma nella maggioranza dei casi i
nostri clienti soffrono di ortoressia) disposti a spendere cifre scandalose
quando meta’ della popolazione mondiale non ha di che vivere e milioni di
bambini muoiono di fame? Predichiamo local e vendiamo international, la ricetta
della nonna,stuprata con aggiunte di papaya o semi tibetani, sulla tavola troviamo
cibi da ogni angolo del mondo ma il disperato affamato che sbarca sulle nostre
coste lo vorremmo rimandare a casa. Disprezziamo trasmissioni Tv del tipo
Master Chef o My Kitchen rules ma poi al cliente propiniamo la stessa
apparenza, alzando ogni volta il livello di pornografia gastronomica che ormai
impera ovunque.
Ma se il cibo e’ cultura non siamo noi responsabili di questa pazzia? Non potremmo invece invertire la tendenza e rendere al cibo il suo significato originale, di casa ,calore, di diritto fondamentale di ogni individuo, promuovendo integrazione, rispetto, rispetto anche dei meno fortunati cercando di non sprecare o iperconsumare, cercando di usare i prodotti del nostro territorio o se esotici con ricette della cultura di origine?
Scusate il mio sfogo ora torno a far le righe dritte ai miei gnocchi.
Ma se il cibo e’ cultura non siamo noi responsabili di questa pazzia? Non potremmo invece invertire la tendenza e rendere al cibo il suo significato originale, di casa ,calore, di diritto fondamentale di ogni individuo, promuovendo integrazione, rispetto, rispetto anche dei meno fortunati cercando di non sprecare o iperconsumare, cercando di usare i prodotti del nostro territorio o se esotici con ricette della cultura di origine?
Scusate il mio sfogo ora torno a far le righe dritte ai miei gnocchi.
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